Il legame tra le attività estrattive e il terremoto che sconvolse l’Emilia-Romagna nel maggio del 2012 “non si può escludere”. Lo affermano i risultati di un’indagine, consegnata un mese fa alla regione da un gruppo di studio internazionale, pubblicata dalla rivista americana Science.
Il Panel di studiosi, che ha redatto il rapporto, sosterrebbe che le attività estrattive nel sito di Cavone erano aumentate dall’aprile del 2011 e non è da escludere un legame col drammatico terremoto del 2012.
Science spiega “di non aver ricevuto risposte sul rapporto né da parte degli estensori né da parte delle compagnie che sarebbero implicate”. Questa notizia è comunque allarmante perché è una prima conferma delle ripercussioni d’interventi geologici ad alto impatto.
Del resto questa corsa a cercare, trivellare e sfruttare giacimenti petroliferi in aree densamente popolate, in mari delicati come il Mediterraneo o l’oceano Artico, in zone a vocazione agricola e/o turistica come il Val D’Agri, l’Irpinia, Noto e tante altre aree dimostra la spregiudicatezza delle lobby dei fossili.
I nostri mari, le colline, le aree agricole, spesso di pregio, sono trattate alla stregua dei deserti inabitati, dove i pozzi petroliferi erano visti, dai più, come un tesoro: l’”oro nero“. Di fronte al nostro oro blu, verde, turistico e agricolo, il petrolio è un danno ambientale, economico e culturale.
Ora scopriamo che può avere perfino conseguenze sismiche.
Quando si deciderà di puntare su efficienza e rinnovabili, bloccando trivellazioni a mare e a terra?